Il valore culturale dei dati
“Earth Bits — Sensing The Planetary”. Il viaggio data-driven progettato da Dotdotdot per il Maat di Lisbona svela la complessità della crisi climatica grazie al supporto scientifico dell’European Space Agency (ESA), International Energy Agency (IEA) e EDP Innovation.
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Il ruolo del museo nella complessità contemporanea
Negli oltre 15 anni di esperienza e lavoro a stretto contatto con le istituzioni culturali, progettando mostre, temporanee e permanenti, installazioni interattive e percorsi narrativi, abbiamo sempre visto e vissuto il museo come un laboratorio. Una “macchina” per la creazione, elaborazione e restituzione di conoscenza a beneficio di una crescita collettiva.
Il lavoro di uno studio di exhibition e interaction design come il nostro è proprio quello di rendere accessibile la conoscenza attraverso linguaggi inediti, costruendo storie e dandogli forma nello spazio, attraverso interazioni spesso veicolate dalla tecnologia, sempre in grado di comunicare idee, stimolare l’immaginazione e stimolare un pensiero.
Il museo non può e non deve essere solo un luogo depositario di conoscenza, ma uno spazio aperto che accoglie i visitatori, li stimola e li coinvolge nella formazione di un pensiero critico a più livelli — intellettuale, sensoriale, fisico.
Questo diventa ancora più vero e necessario oggi, alla velocità in cui evolve la società, per aprire prospettive tra passato, presente e futuro. Il museo non può essere solo uno strumento che svolge funzioni e contiene informazioni, ma uno spazio vivo che cambia cresce e trasforma, e così invita a fare al suo pubblico.
E’ proprio in questa direzione che la nuova direttrice esecutiva del maat — museum of art, architecture and technology di Lisbona, Beatrice Leanza ha impostato il suo lavoro per trasformare il museo in una piattaforma aperta che invita il pubblico a partecipare attivamente, interrogandosi sul modo in cui viviamo il nostro presente e progettiamo il nostro avvenire.
I mezzi creativi attraverso i quali “immaginiamo (con l’arte), abitiamo (con l’architettura) e creiamo (con la tecnologia) il mondo in cui viviamo” — parafrasando una sua affermazione, diventano al maat gli strumenti per diffondere una comprensione approfondita della complessità e della liquidità del nostro tempo.
“Questo è l’obiettivo che sto perseguendo: trasformare il MAAT in facilitatore. Piattaforma condivisa, luogo di incontro, al quale accedere per capire come affrontare la complessità. Il museo deve fornire strumenti per navigare la complessità del presente che viviamo, che collabori con i ‘gestori’ del presente, che investa sulla collettività… Il museo deve essere capito e vissuto. Una presa di responsabilità che parte dalla concretezza di ciò che un museo possiede ed è chiamato a difendere e a diffondere per renderlo forza critica e generante su cui innestare collaborazioni, ricerche, sviluppi, perché diventi ‘la casa di una programmazione dettata per navigare il presente”
Beatrice Leanza, direttrice esecutiva MAAT, Lisbona (da intervista Elle Decor, 2019)
Dati come nuova forma di conoscenza
La richiesta da parte di Beatrice per dare inizio alla trasformazione del maat, è stata quella di affrontare una delle questioni capitali del nostro tempo attraverso la costruzione ex-novo di un percorso espositivo semi-permanente sulla crisi climatica. Non suggerendo soluzioni al problema, ma fornendo una lente di comprensione profonda a partire da evidenze scientifiche, per comprendere le cause del costante innalzamento delle temperature, il conseguente impoverimento delle risorse naturali e le ripercussioni ambientali a cui assistiamo ogni giorno.
Per comprendere la complessità e trasferire conoscenza al grande pubblico a partire da basi scientifiche, è stato necessario mettere in atto un processo di collaborazione e scambio con centri di ricerca e partner scientifici, primo fra tutti EDP Innovation e EDP Sustainability, le divisioni di EDP — Energias de Portugal che si occupano di ricerca, sviluppo, cambiamento e sostenibilità ambientale, nonché azienda, la cui fondazione, ha fondato e finanzia il Maat.
Per più di un anno abbiamo instaurato un dialogo costante con la direzione scientifica di EDP Innovation per comprendere la complessità della crisi climatica con un approccio scientifico. Partendo dalla ricerca e dai loro dati abbiamo dedotto le informazioni e strutturato uno storytelling per trasferirle all’interno di percorso espositivo. Sotto la supervisione curatoriale e la direzione artistica del maat, abbiamo progettato un viaggio basato su dati oggettivi da esplorare con tutti i sensi, per acquisire conoscenza e pensiero critico sul nostro presente e il futuro più auspicabile. Il tutto reso possibile solo grazie al coinvolgimento senza precedenti di partner del calibro di ESA — European Space Agency, IEA — International Energy Agency, con i quali abbiamo creato ex-novo i contenuti di due installazioni.
“Il percorso si sviluppa nello spazio in una climax narrativa che parte dalla presa di coscienza della situazione critica di crisi ambientale (Power Rings; 24 hours — The ecology and energy of our flux), a comprendere l’impatto delle nostre scelte sul pianeta, come cittadini e come consumatori (The Co2 Mixer), per concludere con un salto di prospettiva su un piano cosmologico che offre una visione globale contemplativa dell’impoverimento della Terra per mano dell’uomo (Planet Calls).”
Federica Mandelli, Storytelling and Communication Manager Dotdotdot
Attraverso 4 sezioni digitali e interattive, l’installazione Earth Bits — Sensing the Planetary ha dunque l’ambizione di stimolare una riflessione sulla relazione tra scienza, uomo, natura e tecnologia, dove quest’ultima non è intesa come uno strumento di dominio ma un’estensione della capacità umana di aiutare alla comprensione e conservazione del nostro pianeta.
Scienza e tecnologia raccolgono costantemente informazioni per monitorare il nostro rapporto con il mondo, offrendo una conoscenza oggettiva e più approfondita.
Uno su tutti è il programma Copernicus dell’Unione europea e coordinato da ESA per l’osservazione della Terra, che mira a fornire dati scientifici per migliorare la gestione dell’ambiente e mitigare gli effetti del cambiamento climatico, garantendo la sicurezza civile globale.
Il programma ESA Copernicus, dei cui dati ci siamo avvalsi per progettare l’installazione Planet Calls, genera 12 terabyte di dati al giorno dal rilevamento di 6 satelliti chiamati Sentinel, che scansionano la terra e rilasciano dati con licenza aperta (open data), al fine di fornire informazioni accurate e tempestive sullo stato di salute del nostro pianeta.
E’ innegabile, ormai da un decennio, che viviamo in un’epoca di incredibile produzione di dati, e se è vero che i dati sono considerati il nuovo petrolio (C.Humby, 2006) allora essi possono essere considerati anche una nuova forma di conoscenza.
Basti pensare che la quantità di dati che produciamo ogni giorno equivale a 2,5 quintilioni di byte di dati, e questo ritmo sta solo accelerando con la crescita dell’Internet delle cose.
Ripercorrendo velocemente il progresso della scienza, che fino al secolo scorso era basata su processi empirici di calcoli e formule matematiche gestibili dagli esseri umani, oggi, in seguito all’immensa quantità di dati generata, diventa indispensabile avvalersi della tecnologia. Per gestire la mole di informazioni e fornire dimostrazioni statistiche, è necessario ricorrere sempre più spesso all’utilizzo di algoritmi basati su intelligenze artificiali.
Si può dire che fu Keplero il primo ricercatore a fare una scoperta scientifica data-driven a partire da dati raccolti dall’astronomo Tycho Brahe sulla posizione dei pianeti. Ma se al tempo di Keplero il problema era dare un senso ai dati — ancora umanamente gestibili, oggi essendo essi troppi e troppo complessi, i dati tornano ad essere oscuri e distanti se non vengono rielaborati e “digeriti” prima di essere messi a disposizione delle persone.
I dati diventano così, quasi paradossalmente, materia esoterica: senza la tecnologia la scienza non potrebbe oggi prendere coscienza dei dati, prendere decisioni o fare scoperte a partire da essi. Siamo arrivati a un punto in cui gli scienziati hanno bisogno di essere “aiutati” per gestirne la mole da algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning, i cui processi spesso sono tutt’altro che chiari e controllabili.
I dati custodiscono un enorme quantità di valore potenziale, ma nessun valore può essere creato se le informazioni non vengono estratte e tradotte in conoscenza avvicinandoli alle persone e rendendoli accessibili a tutti.
Il design per tradurre le informazioni in un’esperienza
E’ qui che gioca un ruolo fondamentale il design, e un esempio è il processo che Dotdotdot ha messo in atto nella progettazione della mostra Earth Bits per il maat, con l’inedito supporto di partner scientifici per l’analisi dei dati con lo scopo di fornire informazioni scientifiche comprensibili alle persone attraverso un percorso espositivo.
Il nostro ruolo come designer è stato quello di facilitare il flusso e la traduzione dei dati scientifici come motore per creare conoscenza, valore culturale e pensiero critico. Non semplicemente trasferendo informazioni o fornendo soluzioni, ma creando una nuova grammatica con la quale comunicare le coordinate necessarie alla lettura della complessità del nostro tempo, sollevando domande sul futuro attraverso linguaggi multimediali che lavorano sui nostri molteplici livelli di apprendimento.
I visitatori del maat sono invitati a esplorare e sperimentare la conoscenza con tutti i loro sensi attraverso installazioni digitali, grafiche e video animati, creati grazie ai dati e al supporto scientifico di EDP. Una stazione interattiva permette di mixare come un dj i dati di IEA per comprendere l’impatto del proprio lifestyle e dell’industria del consumo sul mondo, guidati dalla data sonification e un soundscape generativo. E infine un wallpaper digitale “dipinto” dai dati dei Sentinel del programma Copernicus di ESA, per meglio comprendere la correlazione storica tra l’aumento delle emissioni antropogeniche di gas serra e il crescente manifestarsi di fenomeni ambientali come inondazioni, siccità e incendi.
La progettazione di esperienze narrative basate su evidenze scientifiche come Earth Bits, coniugano la visione del museo e la volontà di stimolare un pensiero critico andando oltre la semplice messa in scena di un messaggio, grazie alla costruzione di una storia da esplorare attraverso linguaggi innovativi che aiutano a decodificare la complessità, strutturare il pensiero e creare conoscenza che si apre al confronto tra scienza, cultura e società.
Ci sono infiniti modi in cui i dati e la ricerca scientifica potrebbero migliorare la nostra consapevolezza, ma c’è un estremo bisogno di una collaborazione incrociata tra scienza, design e istituzioni per dare un senso ai dati e renderli accessibili alle persone, soddisfando in questo caso il ruolo del museo quale luogo vivo per la diffusione di una conoscenza profonda e acuta del nostro tempo e del futuro prossimo.
Laura Dellamotta, co-founder e General Manager Dotdotdot
Alessandro Masserdotti, co-founder e CTO Dotdotdot